Ridley Scott e il ginocchio


     Sono alla guida del cart, nel lot della Universal. Sto accompagnando Ridley Scott da Stacey Snider, il presidente della Motion Picture, ovvero il numero 2 della Universal dopo Ron Meyer (che guarda caso è ebreo, come tutti quelli che fanno il cinema a Hollywood). Siamo un po’ in ritardo. Ridley consulta pigramente l’orologio al polso destro. Lo porta allacciato talmente stretto che gli si solleva la carne intorno. È un orologio semplice, col quadrante nero, i segmenti bianchi al posto dei numeri e il cinturino di cuoio. Anch’io porto l’orologio a destra - il mio però è un Cartier.
     Ridley Scott. The duellists, Alien, Blade Runner, Black Rain, Thelma e Louise, Gladiator. Un mito vivente, puro talento. Seduto qui di fianco a me sul cart, pantaloni chiari di cotone, T-shirt nera anonima e giacchetta di jeans - tutto di marca sconosciuta -, capelli biondo-rossicci al vento, io e lui soli. Potrei rapirlo. Potrei minacciarlo di guidare dritta nel fosso ai margini del lot se non accetta di sposarmi o almeno di prendermi come sua assistente, segretaria perfino. Oppure potrei prima provare a pregarlo di portarmi a Londra con lui, poi se dice di no fingere di perdere il controllo del cart per il dispiacere e schiantarmi nel giardino di Spielberg qui dietro. Magari così lo convinco. Tanto cammina già male perché ha un problema a un ginocchio, quanto posso peggiorare la situazione?
     Quasi presagendo le mie intenzioni, Ridley si tocca la gamba e fa una smorfia di dolore. L’ho sentito dire a Dino che a marzo si deve operare.
     “Come va il tuo ginocchio?” gli chiedo, per educazione.
     “Non bene.”
     “Ma come mai non guarisce? È un po’ che vai avanti così.”
     “Il tennis. Dovrei smettere di giocare ma non ci riesco,” risponde con un sorriso nostalgico, come se avesse nominato una donna amata e perduta.
     “Ah, giochi a tennis? Bello. Sei bravo?”
     “Abbastanza, sì. È la mia passione, non potrei mai rinunciarci.”
     “Ma col ginocchio così come fai?”
     Lui ride, massaggiandosi il ginocchio: “Gioco lo stesso e mi tengo il dolore”. 
     Beh, è una scelta. La scelta di Ridley Scott, un genio del cinema.